Il leader sceglie di servire al di sopra degli interessi personali!

lezioni di leadershipHo trovato molto interessante, in linea con il Tutorial N° 01 sulla Leadership,  una articolo di Michael McKinney, presidente del magazine LeadershipNow, che cita un famoso commentatore americano Walter Lippmann del giornale Herald Tribune.

Questi definiva i leader come “i custodi degli ideali di una nazione, delle credenze di cui essa si nutre e della fede che la rende una nazione e non una semplice aggregazione di individui.

La parola custode significa guardiano, cioè uno che si prende cura. Il custode è un persona che conserva qualcosa per conto di altri,attraverso un comportamento non motivato dall’interesse personale.

Un custode, inoltre,  è un individuo che sostiene ciò che è meglio da fare per tutte le persone, anche se loro potrebbero non essere interessato a farlo. Questo è un atteggiamento mentale che si concentra sul compito che è a portata di mano e non su ciò che il leader potrebbe guadagnare dalla posizione; inoltre  implica un rapporto attento e interessato tra il leader e i seguaci.

Questa idea sembra in contrasto con ciò che sta accadendo intorno a noi oggi.

In tutte le arene, vediamo molti dei nostri leader (o presunti) che non tengono in considerazione coloro che dichiarano di servire, ma portano  avanti solo  i propri ideali ed interessi.

Oggi, spesso, è difficile definire se i nostri leader sono al servizio di sé stessi o di noi.

La cattiva gestione, l’inganno, la manipolazione, l’avidità ci fanno chiedere: “Dove ci stanno portando i nostri leader?” “A chi ci si può ispirare per  trovare la direzione di cui abbiamo bisogno?”

Nel corso del tempo, i leader, che hanno esibito il tipico e corretto comportamento da custode ed hanno cercato di servire oltre l’interesse personale, sono stati tenuti in grande considerazione e ricordati a distanza di anni dopo la morte.

M. McKinney fa molti esempi di custodi, ma tra gli altri mi ha colpito la citazione di un “italiano” (se così vogliamo chiamarlo) del V secolo a.C. : chi non si ricorda Lucio Quinzio Cincinnato?

L’esercito romano era circondato. La Repubblica romana  aveva bisogno di un leader che avrebbe dovuto cogliere l’attimo e cambiare la situazione di sconfitta in vittoria. Chiamarono  un uomo già conosciuto e valente, che si era ritirato fuori città ed arava il suo campo, facendo l’agricoltore. Egli arrivò, vide la situazione, accettò la carica di dittatore (si conferiva in tempi di crisi),  vinse il nemico, depose la carica e torno a fare l’agricoltore.

Cincinnato guadagnò la fama eterna per la sua dedizione disinteressata alla sua città . Questo eroe, mezza leggenda della Repubblica Romana, ha dato tutto se stesso in un momento di crisi in cui era necessaria la sua presenza (era necessario il leader che facilitasse il cambiamento) e poi ha ripassato in altre mani le redini del potere quando il suo compito era compiuto (dopo serviva una gestione ordinaria) e tornò al suo aratro.

Cincinnato poteva approfittare del momento di gloria per tenersi la posizione, ma non l’ha fatto.

I nostri leader, in politica, nelle istituzioni, nelle aziende come si comportano? Sono come Cincinnato, oppure non si rendono conto che la leadership non è per sempre?

Per me commettono “l’errore N° 01 della leadership”: ma di questo errore ne parleremo in seguito.

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