Circa un anno fa in un articolo del Giornaleader avevamo evidenziato che la leadership dei politici italiani degli ultimi due decenni era finita, o quanto meno era da rinnovare.
La gravità è che la maggior parte di loro continua ad illudersi di essere un leader o finge di esserlo.
In realtà non vuole accettare il fatto che la leadership non è per sempre.
Nella leadership è difficile salire di livello, ma è molto facile scendere.
In Italia stiamo scendendo!
Per esempio, venerdì sera guardando su LA7 la puntata di Piazza Pulita intitolata “Crack, le ragioni della rabbia”, ho riflettuto molto sul modo errato di intendere la leadership in Italia .
È stato fatto vedere un video con l’ex premier italiano che, parlando di come lo stato colpisce i possibili evasori, ha affermato che in Italia viviamo in uno stato di polizia tributaria.
È quasi assurdo che un leader, ex premier, possa incolpare “altri”, non chiaramente definiti, del modo in cui Equitalia agisce nel riscuotere le tasse, quando poi questo servizio di riscossione è stato proprio attivato da un decreto legge del suo governo nel 2005.
Da chi ormai sente di non essere più leader, può essere plausibile che questa tecnica di manipolazione venga usata per attirare seguaci, ma è stato un errore grave adottarla anche quando ha avuto in mano le redini del potere.
Infatti, non poche volte, durante gli anni di governo, ha affermato che viveva in un Paese non democratico, che opprimeva il popolo, che non lo rendeva libero.
È come lamentarsi di se stesso e del suo operato!
La realtà è che questi erano già i primi sintomi di una leadership che non era tanto forte oppure che iniziava a vacillare, ma non tutti se ne accorgono in tempo per poter farsi da parte.
Forse qualcuno si sta illudendo che la situazione sia migliore per i leader di altri schieramenti politici?
In realtà non è così!
Riflettiamo sulla leadership intesa gli Stati Uniti.
Due soli partiti che esistono da più di duecento anni, che scelgono il leader che li rappresenta e lo appoggiano uniti nella competizione elettorale per la Presidenza; due mandati consecutivi al massimo e poi viene dato spazio ad altri leader, mentre i due partiti principali e ciò che essi rappresentano, rimangono sempre gli stessi.
Guardiamo invece l’Italia.
In centocinquanta anni di costituzione, si sono succedute già tre forme governative, la monarchia, la dittatura e la repubblica.
In vent’anni di cosiddetta “seconda repubblica”, si sono formati una miriade di formazioni politiche, ciascuno con sul “piccolo leader”.
Che confusione!
In vent’anni tante formazioni politiche hanno dato la falsa impressione di trasformarsi, cambiando il nome o lo slogan molte volte, ma sempre con lo stesso leader e con gli stessi esponenti di spicco.
Purtroppo non è il nome o lo slogan dato ad una organizzazione che la determinano, ma le persone che vi fanno parte, tutte, compresi i seguaci, perchè è anche vero che “ogni popolo ha il leader che si merita“.
Questa situazione italiana è la dimostrazione di una leadership debole a tutti i livelli, anche al livello della followership.
Mancanza di visione a lungo termine, mancanza di credibilità, mancanza di affidabilità, mancanza di integrità, mancanza di responsabilità e mancanza di servizio verso gli altri non portano ad una buona leadership.
A Roma, in alto ad ogni facciata della Palazzo della Civiltà del Lavoro, ripreso da un discorso di Benito Mussolini c’è scritto:
UN POPOLO DI POETI DI ARTISTI DI EROI DI SANTI DI PENSATORI DI SCIENZIATI DI NAVIGATORI DI TRASMIGRATORI
Non sono in grado di giudicare il nostro passato, ma sono sicuro che oggi, almeno per questo periodo in cui vivo, potremmo aggiungere
“DI PICCOLI LEADER” .
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Qualcosa è andata storta.
Giovanni
Cambiano le bandiere ma le teste sono sempre le stesse.
Ogni politico italiano gode ad essere un leader a casa sua e al massimo nel suo quartiere.
All’estero nessuno conosce i nostri leader; fino a qualche tempo fa quelli più conosciuti erano i calciatori, ora neanche più quelli.
Poveri noi!